CinemaO

22 Maggio 2025         nuovi progetti        

Capannoni che non sono il mio

Semi-Cit., Emmanuel Carrère

 

Studio Hypnos è stato ingaggiato nella grande avventura di forgiare architettonicamente un nuovo spazio a Milano, CinemaO, affiancando i fondatori fin dalle prime fasi della concezione.

CinemaO è un nuovo spazio ibrido a Milano che reinventa il concetto di cinema. La sua apertura è prevista per la fine del 2025 e fungerà sia da spazio di lavoro che da sede per un programma curato di residenze, proiezioni e mostre. Una casa e una comunità dedicate alla ricerca, alla produzione e all’innovazione nel campo delle immagini in movimento. Un palcoscenico per dibattere, presentare e testare nuove idee.

Situato in via Cirenei 6/a, nel quartiere di Gorla, il cantiere si svilupperà prevalentemente all’interno di un capannone voltato che fu fabbrica di lenti, anche se non mancherà un elemento di presenza urbana visibile dalla strada.

 

 

1. Prima di qualsiasi considerazione sulla trasformazione degli interni è fondamentale una riflessione su quello che è il volto urbano dello spazio. Da esso dipende la prima impressione che il luogo restituirà al visitatore. Vagando per le strade di Gorla, dopo l’inevitabile spaesamento restituito dal tessuto urbano periferico, appare, generando stupore, qualcosa di inaspettato e in grado di condensare, come nel volto di una persona, tutto il vissuto, i pensieri, le sensibilità dei suoi creatori.
Questo qualcosa non ha un nome, non appartiene ad una tipologia, ipnotizza lo sguardo abituato ad incasellare le cose dentro categorie di oggetti urbani.
A partire dall’osservazione che l’edificio esistente, condividendo con i capannoni limitrofi la linea di sommità delle facciate, non emerge come singolarità urbana e al contrario sembra come schiacciato in un angolo, si ipotizza l’inserimento di una nuova “facciata volumetrica” in forma di galleria arborea. In sostanza una loggia, che si prenda carico di accentrare lo sguardo, portando in secondo piano la conformazione edilizia dell’immediato contesto costruito.
Tramite vasche per piante rampicanti installate a filo pavimento ai due lati del cortile e volendo anche in copertura si porta il quantitativo di vegetazione ad un livello parossistico.
Le piante sono sorrette da strutture metalliche di elevazione e cavi tirantati in acciaio.
Come un estrusione verso l’esterno dello spazio interno voltato del capannone, la loggia diventa una stanza aggiuntiva, permeabile a pioggia, aria e luce, ma utilizzabile in svariati modi, non solo come anticamera del loft interno.
La loggia è l’emergenza visiva (landmark) di un luogo magico, seppur incastonato in un tessuto urbano del tutto convenzionale. Come un obiettivo cinematografico arboreo inquadra l’interno e al tempo stesso si fa soglia con lo spazio urbano, dichiarando un approccio umanistico per il quale non esiste lo spazio privato, ma solo differenti gradi di spazio pubblico.
Per questo si immagina che il cancello su strada possa essere sovente lasciato aperto durante il giorno e gli eventi serali.
Il risultato di questa operazione architettonica è la trasformazione di un edificio oggi binariamente diviso in esterno e interno, in qualcosa descrivibile con il seguente diagramma.

In un movimento compenetrante di introflessione ed estroflessione spaziale, l’interno si fa esterno e l’esterno si fa interno.
Infatti concependo che il piccolo cortile antistante il capannone diventi una vera e propria piazza e portando le pavimentazioni esterna e interna a coincidere in termini di materiale si vuole affermare l’unitarietà tra spazio pubblico e spazio privato. L’imprevedibilità, l’apertura al molteplice, la libertà delle piazze italiane diventa il metro con cui costruire il carisma dello spazio interno del cinema.

La stirpe umana, fin dagli albori ha vissuto nella soglia tra un dentro e un fuori. Alle spalle le grotte che proteggevano dalle fiere e dalle intemperie, dritto davanti a sé la valle, dove poter cacciare e coltivare. Un binomio indissolubilmente inciso nel nostro patrimonio genetico, che oggi tende sempre più ad annichilirsi in una vita passata quasi esclusivamente in spazi interni, quando non sublimata dentro lo scorrere dei bit.
Se l’interno voltato è la caverna, la corte è invece la soglia, che prelude alla vastità della città.

 

2. La vetrata d’ingresso si allarga a tutta l’estensione della facciata, non solo in larghezza, ma anche in altezza, infatti l’architrave è sagomata sulla curvatura della volta. La vetrata in profili metallici dal deciso carattere industriale è totalmente apribile tramite ante a libro, tre specchiature sulla destra e tre sulla sinistra, di cui le due centrali vengono attrezzate per l’uso quotidiano e dotate di maniglia in foggia di logo dello spazio.
In corrispondenza della vetrata vi è la prima cerchiatura metallica di rinforzo antisismico della volta, costituita da travi in acciaio HEA. Medesima cerchiatura verrà ripetuta altre due volte nella profondità del capannone, dotando lo spazio di performance antisismiche ad oggi pressochè nulle.

 

 

 

 

 

 

 

3. Senza alcun ingombro di stanze, servizi o vani tecnici di alcun genere, oltre la vetrata di facciata si apre il vasto openspace, pavimentato con un indistruttibile cemento lisciato al quarzo.

Vero e proprio spazio “transformer” iperflessibile, può passare dalla configurazione totalmente vuota (mostre, cinema immersivo, party, etc..) a quella di atelier in pochi secondi, grazie alle pareti attrezzate laterali che contengono i tavoli a ribalta e una generosa dotazione di armadi, nonché lo spazio per gli impianti tecnici (climatizzazione, impianto elettrico, lavabi di servizio).

Oltre naturalmente alla configurazione cinema, il cui primo dimensionamento, in termini di spettatori, può contare su nove file da nove posti.

La seconda cerchiatura metallica, addossata alla struttura in cemento armato esistente è baricentrica nella profondità della sala diventando strategica per appendere le attrezzature aeree. Funziona come un’americana da stand, perché l’anima della trave viene fornita alveolata, vale a dire con l’anima forata.

 

 

 

 

 

 

 

 

4. La terza cerchiatura metallica si trova in corrispondenza del fondale che divide atelier a doppia altezza e zona soppalcata.

La superficie del fondale è dedicata principalmente allo schermo di proiezione, di tipologia a rullo.

Lo schermo può quindi scomparire totalmente in un carter posto all’altezza dell’attuale catena, può scendere fino a 2 metri d’altezza, fino al canonico metro, oppure fino a terra in caso di cinema immersivo.

In ogni configurazione dello schermo, per motivi di funzionalità, rimane sempre accessibile un’area servizi con guardaroba e bagno a norma disabili, sul versante nord. Ugualmente dalla parte opposta del fondale, verso sud, vi è una porta dalla quale si accede allo spazio conviviale dotato di un grande tavolo e una lunga parete attrezzata che contiene la cucina e vari armadi di stoccaggio. La stessa parete ingloba le porte d’accesso ad un ulteriore bagno, dotato di doccia e al ripostiglio deposito che sfrutta lo spazio sottoscala.

Tutta l’area può essere chiusa a chiave, compartimentandola per usi privati.

Al contrario, grazie al fatto che la parete che divide la cucina dall’openspace è costituita da porte scorrevoli e impacchettabili, tipo fusuma giapponesi, la stanza può essere aperta integralmente verso la sala.

Un ulteriore partizione scorrevole, chiudibile a chiave, permette di separare le scale di accesso all’ambiente posto nel mezzanino.

Quest’ultimo è lo spazio alcova, riparato dalla turbinio del pianoterra, può essere usato come ufficio grazie ai due lunghi tavoli inseriti al posto delle balaustre, ma anche per ospitare persone per un pernottamento grazie al divano letto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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