LA BOLOGNESE

       

Localizzazione_Via Castiglione, Bologna
Anno progetto_2017
Anno realizzazione_2021
Superficie_120 mq
Committente_privato
Prestazione_Progetto preliminare, esecutivo, direzione lavori

 

 

 

 

Bologna
Bologna è una città democratica per sua stessa costituzione fisica.
I suoi infiniti portici che ne definiscono la forma urbana, sono spazi che tutti possono utilizzare, in qualsiasi momento del giorno e della notte. Non vi è differenza tra il ricco o il viandante, chiunque può trovare immediato riparo dal sole o dalla pioggia e godere fisicamente, non solo visivamente, di tale bellezza architettonica. Una gigantesca casa delle bambole in cui perdersi, sentendosi sempre protetti dall’abbraccio delle sue arcate. Percorrendo il reticolo di vie che irrora il tessuto del centro storico viene spontaneo chiedersi cosa avvenga all’interno dei grandi isolati, alle spalle di un edificato di cortina spesso nemmeno tanto alto. Gli interni degli isolati sono effettivamente un mondo a sé. Il tempo sembra rallentare e il costruito sul bordo del lotto, volto pubblico di una città uniforme e minerale, si sfilaccia tra cortili, giardini e infinite superfetazioni edilizie perlopiù novecentesche.

 

 

 

 

 

 

Contesto
Questo progetto riguarda la ristrutturazione di un’abitazione terracielo immersa all’interno del classico isolato storico. Una cortina edilizia perimetrale, densa e minerale, cela un cuore verde del tutto invisibile dalla strada.
L’ingresso condominiale avviene da via Castiglione, ma l’edificio oggetto di intervento è una aggregazione novecentesca del fronte edilizio opposto, che affaccia su via degli Angeli. Solo dopo una lunga e variegata via d’accesso si giunge al cortiletto di proprietà. Quest’ultimo è piccolo e quasi interamente pavimentato, però si avvantaggia delle lussureggianti alberature dei giardini confinanti.

 

 

 

 

 

 

Spazi esterni
Come è tipico dei centri storici vincolati dalla Sopraintendenza, l’edificio esistente non poteva essere demolito/ricostruito, né ampliato.
L’unico intervento concepibile all’esterno non poteva che rientrare nella nozione di architettura a zero cubatura.
Per unificare alla medesima quota, il cortile e la zona living interna al piano rialzato, si è concepita una pedana, composta da telaio in profili d’acciaio e rivestimento in assi da ponte di riciclo, spazzolate e pitturate di nero.
Lo spazio rimanente a livello terra, finito con scaglie di pietra vulcanica dell’Etna, permette di raggiungere una tettoia per biciclette, realizzata piegando come un’ala una lamiera d’acciaio.
Il dislivello di 90 cm viene superato da un doppio gradone, la cui proporzione da anfiteatro greco, permette d’essere utilizzato come seduta informale.
Ai gradoni si inframezzano due gradini, realizzati con blocchi di cemento colato in opera.
Il tavolo esterno, anch’esso in struttura metallica, è disegnato a misura per sfruttare ogni angolo del microscopico lotto. Il rivestimento di panche e pianale è in maxi lastre di gres porcellanato. Quando lo spazio è poco, ma gli amici tanti, la panca fissa, piuttosto che le singole sedie, diventa risolutiva. Del resto, anche nell’ambiente domestico, uno spazio veramente conviviale non si improvvisa, ma è una piattaforma studiata per potenziare i rapporti umani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Facciata
Il vincolo della Sopraintendenza inerente l’aspetto esteriore della casa ha pesato fortemente sulla concezione del progetto, che di fatto è piuttosto conservativo.
Recependo le prescrizioni della Commissione per il Paesaggio concernenti il mantenimento dell’uniformità ambientale si è preservata la gioviale colorazione gialla e i cornicioni decorati a motivi puntinati, ricercando un equilibro tra identità locale bolognese e linguaggio contemporaneo.
L’operazione primaria è stata quella di una pulizia e rarefazione degli elementi costruttivi più banali. Un balcone è stato demolito e tutte le finestre, a due ante con persiane esterne, sono state trasformate in portefinestre ad anta unica, senza imposte e dai telai di alluminio estremamente sottili.
La domanda fondamentale della committenza, riassumibile in “più luce naturale all’interno e più affaccio sul giardino” è stata presa alla lettera e gli interni, da oscuri, sono oggi inondati di luce.
Per le balaustre è stata utilizzata corda nautica, infilata come lacci di scarpe entro fori ricavati negli stipiti d’acciaio. Una sorta di french balcony alla marinara, frugale e di economica realizzazione.
Tra le volontà tacite della committenza vi era infatti quella di preservare una certa sobrietà architettonica dell’insieme, non certo di trasformare la casetta che avevano acquistato in una pretenziosa villa urbana.
Un atteggiamento parco e per nulla incline allo sfoggio che esprime un preciso stile di vita condiviso da un’ampia comunità di persone che vivono nel capoluogo emiliano.
Il volto di questa architettura esprime in generale un sentire contemporaneo, in cui all’eccesso di design, gonfiato dall’espressione individuale, si sostituisce un anti-design fatto da cose semplici e non in contrasto con il contesto.
Se è vero che un’architettura privata deve esprimere l’ethos della committenza e non l’ego dell’architetto, il volto di questa architettura rappresenta una precisa condotta di vita, che ben conosce chi abbia frequentato il particolare milieu culturale e antropologico di Bologna.

 

 

 

 

 

Interni
La conformazione interna, caratterizzata dalla scala centrale è stata mantenuta, ma l’ingresso è stato spostato in posizione più defilata, creando un vestibolo.
Il piano interrato, originariamente raggiungibile solo da una impervia scaletta, era il risultato di un’autocostruzione abusiva della precedente proprietà, che in un momento non ben precisato degli anni ‘60 si mise a scavare con una vanga sotto l’edificio. Svuotando qua e là la terra e lasciando incompiuta l’opera, probabilmente per il rischio di vedersi crollare la casa sulla testa.
La ristrutturazione dell’intero immobile fin dall’inizio considerava focale il recupero di questo spazio infero. Qui ha trovato spazio il secondo bagno, una lavanderia e una camera degli ospiti, espandendo significativamente le potenzialità dell’abitazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cucina
Concepita in continuità con la zona living del pianoterra, si compone di un semplice blocco lineare il cui top è in cemento colato in opera e protetto con resina trasparente. Anche il lavello è in cemento armato ed è stato costruito dall’impresa edile con un abile lavoro di casseratura.
La cucina lineare composta da soli mobili sottobanco rende minimo l’ingombro volumetrico della cucina. In vece dei pensili vi è un’unica mensola in muratura.
Non sono altresì presenti armadi a colonna e per il frigorifero si è optato per uno Smeg freestanding.

 

 

 

 

Scala
Costruita ex-novo dopo la demolizione di quella vecchia, è strutturata tramite un telaio in ferro 20 x 20 mm. I gradoni al piano interrato sono in muratura rivestita di cementoresina, alternati a blocchi di rovere massello proveniente da una segheria locale.
L’idea di costruire un grande telaio deriva dal lavoro/passione della committenza per le biciclette, in particolare quelle costruite con telai su misura.
Come la bicicletta è una protesi dell’uomo che gli permette di correre più veloce, così questa scala sottile ed eterea connette i diversi piani mantenendo un contatto visivo e acustico immediato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bagni
Oltre al bagno ricavato ex-novo nel piano interrato, si è recuperato un bagno esistente appeso come un bozzolo al di sopra dell’ultima rampa della scala. Un’economia degli spazi tradizionale che sfrutta al massimo il volume interno della casa e che ci sembrava interessante non cancellare, ma al contrario enfatizzare.

Ridotti all’essenziale, la zona lavabo è risolta con banconi in cartongesso rivestiti della stessa resina di pareti e pavimenti dalle colorazioni tenui e neutre di Kerakoll Design.
Al di sopra, un semplice lavabo a bacinella in ceramica e il miscelatore con bocca a muro. Sotto, una mensola in acciaio grezzo cerato.
Data la dimensione  risicata del bagno principale, la zona doccia è “rubata” dal vano di una delle due camere: uno stretto varco attraversa la parete di spina e porta in una sorta di grande nicchia hammam dotata di panca. Questo ambiente, utilizzato prevalentemente come vano doccia, può essere allagato per creare una vera e propria vasca da bagno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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