Localizzazione_Serravalle Pistoiese, Pistoia
Anno_2016
Superficie_50 mq
Committente_Privato
Prestazione_Progettazione preliminare, esecutiva e direzione di cantiere
La collina che cinge Pistoia è un luogo antico dominato da archetipi agricoli ancestrali.
Un paesaggio puntellato di case coloniche, torri di pietra e oggetti minori come scale a pioli ricavate dallo stesso legno degli alberi al quale si poggiano.
Tra questi segni leggiadri d’antropizzazione radicati in una tradizione millenaria, ci troviamo ad operare su di un abuso edilizio.
Una delle tante piccole casette “irregolari” di cui è disseminato il territorio italiano.
Nata come una baracca di legno, ricovero d’animali, divenne in un momento non ben precisato una casetta di mattoni forati e tetto in cemento armato.
Nel passaggio di proprietà il suo destino sarebbe stata la demolizione prima del passaggio notarile, ma perchè mai dover produrre quintali di macerie quando si può tentare un riuso?
Come esser certi che anche la platea fondativa in cemento armato sarebbe stata effettivamente eliminata?
Applicando il cosiddetto “design delle soluzioni”, prima ancora di qual si voglia progetto architettonico, abbiamo condotto una trattativa con l’ufficio tecnico comunale per fare in modo che il cliente non perdesse il bene acquisito e che il paesaggio potesse redimersi dall’abuso.
La preesistenza, oscena nella sua nudità fatta di laterizi forati murati approssimativamente e tegole marsigliesi un po’ fuori contesto, è stata ammantata di una veste lignea, camaleontica per rapporto alla tonalità della terra, dei tronchi nodosi degli ulivi e dei cipressi circostanti.
La casetta diviene parte del paesaggio, non più stridente intrusione.
Niente di più dello stretto necessario: zero forma, molta materia.
In questa architettura mimetica, di selva, di boscaglia, la pelle della casa non “imita” la corteccia d’albero ma è natura lignea essa stessa.
L’intero perimetro murario della casetta, copertura compresa, è stato rivestito da balle di paglia disposte dentro telai di legno.
Ciò ha permesso d’inglobare gli sporti di falda portando ad un livello di astrazione elevato la geometria prismatica della casetta.
Le balle di paglia sono state raccolte nei campi circostanti, il loro essere a km0 è totale.
Successivamente al loro compattamento dentro una griglia di assi lignee è stato posto un telo tecnico con funzioni di freno vapore e isolamento dalle acque meteoriche.
Data la sua incompatibilità con l’acqua e l’umidità, il cappotto di paglia non tocca mai il terreno. Fino a circa mezzo metro di altezza l’isolamento è costituito da vetro cellulare in grani.
A chiusura dell’involucro edilizio sono state avvitate sui telai d’abete delle assi da ponte riciclate e passate a fiamma per aumentarne la resistenza nel tempo, facendo così rivivere un’antica tecnica contadina sprofondata nell’oblio. La copertura è anch’essa in assi da ponte e diventa all’occorrenza una piattaforma per prendere il sole. L’incredibile valore di isolamento termico raggiunto da questo cappotto spesso 25 cm ha reso possibile un utilizzo del riscaldamento limitato a 15/20 giorni tra i mesi di gennaio e febbraio.
Anche per quel che riguarda la tenuta al calore estivo si sono raggiunte ottime performance. La nuova copertura in assi da ponte è infatti disaccoppiata dalla massa muraria.
Al di sopra dell’assito inguainato che sigilla la paglia è stato lasciato un interstizio di ventilazione ove scorre l’acqua meteorica, perciò le assi da ponte sono l’unico elemento che si surriscalda ai raggi del sole, lasciando ombreggiata e al fresco tutta la sezione muraria sottostante.
Gli infissi perimetrali, prodotti a misura dalla locale Falegnameria Scarabeo, sono in pino di svezia tinto testa di moro, hanno tripla guarnizione e montano vetricamera 33.1/12/4.
Le tipologie di finestre e portefinestre apribili sono rivestite esternamente delle medesime assi da ponte bruciate, mentre le tipologie fisse hanno il telaio a scomparsa.
Spazialmente l’interno si presentava con un balzano dislivello che divideva in due parti l’ambiente, di cui quella inferiore senza porte d’accesso: una mostruosità edile probabilmente originata dalla pendenza del terreno.
Si è deciso di tramutare questo paradossale handicap in un elemento di singolare unicità. Collocando sul ciglio del dislivello il mobile cucina, si è separato in due ambiti la casetta senza dover ricorrere ad una balaustra che avrebbe enfatizzato la preesistente stranezza spaziale.
Il mobile cucina ad un estremo diviene tavolo a sbalzo, dall’altro si incastra nel profondo imbotte della finestra, cosicché grazie al riflesso del vetro si prolunga idealmente all’aperto.
Se gli esterni restituiscono le scure tonalità dei tronchi e della terra, l’interno è un abbagliante scrigno dorato al quale si demanda in qualche modo il ricordo dell’occultato involucro di paglia.
Gli intonaci di calce sono ricavati da argille scavate nei campi circostanti e applicate con molti passaggi e grande sapienza artigianale. Per irrobustirne la consistenza sono stati inseriti filamenti di paglia.
Per i pavimenti e per tutte le superfici del bagno è invece stata usata l’antica tecnica del cocciopesto, conferendo all’ambiente un’assoluta idrorepellenza e resistenza al deterioramento.
La cucina e le scale che connettono i due livelli sono in legno di castagno, un’essenza tipica del pistoiese che ben si abbina all’intonaco utilizzato.
Le lampade sono state disegnate appositamente e realizzate nell’officina dello studio Hypnos a Milano. Riprendono forma e materia delle torce e di altri arnesi contadini. L’acciaio di cui sono fatte è stato lasciato al grezzo e protetto da cera d’api.
Pure con finitura al grezzo -benchè verniciati a forno con smalto trasparente- sono l’unico calorifero e lo scaldasalviette, appositamente realizzati dalla Brem.
Tra le particolarità del design degli interni vi è il lavabo del bagno.
Esso nasce dal recupero di una sezione basamentale del tronco di un cipresso che, ammalorato, andava abbattuto perchè rischiava di crollare sulla casetta stessa.
Dopo lo scavo dell’incavo per l’alloggiamento della bacinella in acciaio inox, il tronco è stato oliato fino a completa saturazione dei pori.
Dello stesso legno di cipresso è la pedana doccia, realizzata su misura per essere incassata in una vasca in muratura finita, come tutto l’ambiente, a cocciopesto.
Incanutire con grazia. Il nero cenere si dilava lievemente ad ogni giro di stagione, rendendo la pelle lignea della casetta ancora più mimetica e integrata al paesaggio.
Un lavorio costante, metroquadro su metroquadro, risarcisce il paesaggio provato dal cantiere. Questa cura speciale produce nuovi misurati camminamenti, piccoli ninfei, nuove piantumazioni da frutto… bellezza arcadica.